Usuario:Luigimalatesta/Historia

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Malatesta[editar]

Malatesta

Familia de condotieros y señores italianos que se estableció en Rímini en el siglo XII y que controlaron poco a poco hsata el siglo XIV casi toda la marca de Ancona y gran parte de la Romaña.

L'ingresso dei Malatesti nella storia di Rimini non è propriamente trionfale: nel 1197 Giovanni Malatesta, signore di Verucchio, chiede venia per non si sa quali offese fatte ai riminesi, presentandosi con la corda al collo e la spada rivolta verso se stesso, giurando obbedienza e sottoponendo il proprio castello alla città di Rimini. Sul finire del XII secolo, in effetti, questa famiglia della nobiltà rurale originaria di Pennabilli non è ancora gran che potente. I Malatesti si stabiliscono a Rimini nel 1216, allorchè il comune - in cambio del sostegno in caso di guerra - accorda a Giovanni e a suo nipote Malatesta la cittadinanza riminese e regala loro cento lire ravennati perchè acquistino delle case, forse il primo nucleo della futura rocca.

' Malatesta da Verucchio, il dantesco "mastin vecchio", che, inserendosi abilmente nelle lotte di parte e assicurandosi il controllo della podesteria, sbaraglia i rivali e pone le basi della signoria malatestiana. A Rimini i Ghibellini sono capeggiati dalla famiglia dei Parcitadi, che già al principio del XII secolo sono i veri padroni della città a capo dei Guelfi sono i Gambacerri. Malatesta da Verucchio, ghibellino per vecchia tradizione familiare, nel 1248 passa al campo avverso, dove in breve occuperà una posizione predominante grazie all'appoggio della Chiesa e ad un'accorta politica matrimoniale. Nello stesso anno del mutamento di fronte piomba su Rimini, fa prigioniero il podestà e insedia al potere il partito guelfo. Ai ripetuti tentativi di ribellione dei ghibellini, Malatesta risponde esiliandone i capi. Nel 1295 tenta un colpo di mano. Scoppiano violenti tumulti e le opposte fazioni si scontrano per tre giorni. All'indomani della solenne riconciliazione, Malatesta assalta di notte le case dei capi ghibellini che, sorpresi nel sonno, non possono opporre resistenza. Parecchi muoiono (fra questi Cignatta e Montagna Parcitadi), molti altri sono fatti prigionieri. I Parcitadi si rifugiano a Venezia, da cui non faranno più ritorno in patria.

a inizio la signoria dei Malatesti. Il "mastin vecchio" morirà centenario nel 1312. Sposatosi tre volte, genera otto figli. Da Concordia, la seconda moglie, ha tre maschi: Malatestino (detto "dall'Occhio" perchè guercio), Giovanni (detto "lo Sciancato"), marito di Francesca da Polenta, e Paolo (detto "il Bello"): questi ultimi sono celebri per essere gli attori della tragedia familiare immortalata da Dante. Che fondamento storico ha questa vicenda di amore e morte che ispirerà decine di poeti, drammaturghi, musicisti, pittori romantici? Del fatto si ignora tanto l'anno che il luogo. Luigi Tonini propone, con solidi argomenti, la data del 1283 e la città di Rimini. Altri la pensano diversamente. Il solo elemento certo è l'identità dei protagonisti.

alatestino succede al padre nel 1312. Alla sua morte, nel 1317, diviene signore di Rimini il fratello Pandolfo, che si batte vittoriosamente contro una lega di ghibellini toscani e marchigiani. Nel 1326 gli subentra Ferrantino, figlio di Malatestino, che nel 1334 è deposto dai figli di Pandolfo Galeotto e Malatesta (soprannominato, per l'occasione, "Guastafamiglia"). A costoro il Consiglio generale concede il "dominio" e la "defensoria" a vita della città, trasmissibili ai discendenti: formale atto di legittimazione di un potere già esercitato di fatto.

rivi ormai di avversari, i Malatesti si combattono fra loro. Le lotte intestine hanno provvisoriamente fine nel 1343. Nel 1348 infuria la spaventosa pestilenza che decima l'Europa e che spopola anche Rimini, uccidendo - testimonia un anonimo cronista - due persone su tre. Alla peste, probabilmente, è collegato il rapido tramonto della grande scuola di pittura - il Trecento riminese - che in Neri, Giovanni, Giuliano, Pietro, Francesco e Giovanni Baronzio aveva avuto i suoi principali esponenti.

a peste non arresta invece Malatesta "Guastafamiglia" che, rafforzate e ampliate le mura di Rimini, si espande nelle Marche. Per fronteggiarlo, Innocenzo IV nomina suo vicario il cardinale spagnolo Egidio Albornoz, uomo energico e accorto, che prima ferma il "Guastafamiglia" e poi lo usa contro i Manfredi e gli Ordelaffi. Alla sua morte (1364) la signoria di Rimini passa al fratello Galeotto. Gli succede, nel 1385, il figlio Carlo, il cui governo è ricordato come un periodo di pace e d'operosit&agrave: si deve a lui il restauro del porto riminese, che darà alla città cospicui e duraturi benefici. Carlo, che non ha figli, accoglie a Rimini i tre figli illegittimi del fratello Pandolfo III - Galeotto Roberto, di 12 anni, Sigismondo, di 10, e Domenico (più noto come Malatesta Novello), di 5 - e convince il papa a riconoscerli.

arlo muore nel 1429. Erede della signoria è Galeotto Roberto, un asceta ardente di zelo religioso, del tutto inadatto al ruolo. Il ramo pesarese dei Malatesti cerca di approfittarne e manovra perchè a Rimini scoppino dei tumulti. Ma il quattordicenne Sigismondo raccoglie un esercito e soffoca la rivolta. Galeotto Roberto rinuncia al potere e si chiude in un monastero di Santarcangelo, dove morirà prematuramente per le severe pratiche di disciplina. A soli sedici anni Sigismondo è signore di Rimini.

rillante capitano di ventura e accorto diplomatico, principe munifico e raffinato mecenate, spregiudicato calcolatore e improvvisatore intemperante, Sigismondo Pandolfo Malatesta è una personalità altrettanto forte che contraddittoria: ma proprio in questa complessità stanno la sua modernità e il suo fascino.

el 1433 si ferma a Rimini l'anziano imperatore Sigismondo di Lussemburgo; il suo ospite, che considera l'omonimia un segno del destino, gli riserva un'accoglienza splendida, che l'imperatore ricompensa creandolo cavaliere. Grandi festeggiamenti salutano l'arrivo, l'anno dopo, della prima sposa di Sigismondo Ginevra, figlia di Niccolò d'Este. Gonfaloniere della Santa Sede, Sigismondo è uno dei più quotati capitani del campo pontificio. Nel campo avverso milita Federico da Montefeltro, che diverrà l'implacabile nemico del Malatesta. Nel 1437 questi intraprende la costruzione di Castel Sismondo, solida struttura militare e, insieme, sfarzosa residenza principesca. Nel 1440 muore Ginevra. Francesco Sforza offre a Sigismondo la mano della figlia Polissena. Nel 1447 il Malatesta è al soldo di Alfonso d'Aragona contro Venezia e Firenze, ma un ritardo nel pagamento degli stipendi lo induce a passare al servizio dei fiorentini. Il voltafaccia accresce il numero dei suoi nemici, che lo escludono dai benefici della pace di Lodi (1454).

el 1448 era morta Polissena; Sigismondo, che già aveva una relazione semi-segreta con Isotta degli Atti, può finalmente renderla pubblica; la relazione, allietata da numerosi figli, sarà regolarizzata col matrimonio nel 1456. Nel 1449 avevano avuto inizio i lavori di radicale rifacimento della chiesa di San Francesco; l'anno seguente è affidata a Leon Battista Alberti la progettazione dell'esterno del Tempio. è, questo, il momento di maggior splendore della corte malatestiana. Sigismondo si circonda di artisti e intellettuali prestigiosi: oltre all'Alberti, Piero della Francesca, Agostino di Duccio, Matteo dè Pasti, Roberto Valturio, Basinio di Parma.

el 1459 sale al soglio pontificio Enea Silvio Piccolomini, che assume il nome di Pio II. Il nuovo papa, che è ostile al Malatesta, al congresso di Mantova gli impone gravose condizioni. Ferito nell'orgoglio, Sigismondo fa alcuni passi falsi che gli attirano i fulmini del pontefice. Il giorno di Natale del 1460 è indetto un solenne concistoro contro il Malatesta: accusato dei crimini più infamanti, è colpito da scomunica e bruciato in effigie. Attaccato dalla truppe coalizzate del papa e di Federico da Montefeltro, Sigismondo perde tutti i suoi domini. Gli è consentito di conservare solo Rimini. Morirà nel 1468 e sarà sepolto nel Tempio Malatestiano, incompiuto.

l figlio Roberto Malatesta, che sarà detto "il Magnifico", opera abilmente per la riconciliazione con Federico da Montefeltro, di cui nel 1475 sposa la figlia Isabetta. Uomo d'arme come il padre, nel 1481 guida le truppe veneziano-papali che a Campomorte sconfiggono la coalizione milanese-fiorentino-napoletana. Atteso a Roma come trionfatore, vi entra moribondo: per malaria, o forse per veleno. Suo figlio Pandolfo IV, detto "Pandolfaccio", combatte e perseguita la nobiltà riminese, sempre più insofferente della dinastia malatestiana. Quattro volte è bandito da Rimini e altrettante vi rientra, compiendo feroci vendette. Nel 1528 le truppe di Clemente VII lo costringono ad abbandonare definitivamente la città. I Malatesti non vi faranno più ritorno.


PANDOLFO I

  • Señor de Rímini (1317-1326)
  • Señor de Pesaro (1304-1306 /1312-1313 / 1320-1326)
  • Señor de Fano , Senigallia y Fossombrone


GALEOTTO I

  • Señor de Rímini (1317-1326)
  • Señor de Pesaro (1304-1306 /1312-1313 / 1320-1326)
  • Señor de Fano , Senigallia y Fossombrone



Autario
Rey de los Lombardos
Rey de Italia

Autario (fragmento de Las Crónicas de Núremberg)
Reinado
584-590
Predecesor Período de los Duques
Sucesor Agilulfo
Información personal
Nombre completo Autari, Flavius Artharis Rex
Otros títulos Duque de Pavia
Nacimiento c. 540
Fallecimiento 5 de septiembre del 590
Religión Arrianismo
Familia
Dinastía Beleos
Padre Clefi
Consorte Teodolinda

Agilulfo[editar]

Agilulfo
Rey de los Lombardos
Rey de Italia

Agilulfo (fragmento de Las Crónicas de Núremberg)
Reinado
590-616
Predecesor Autario
Sucesor Adaloaldo
Información personal
Nombre completo Agilulphus, Ago, Turingus
Otros títulos Duque de Turín
Coronación Mediolanum, 591
Nacimiento h. 560
Fallecimiento 616
Religión Arrianismo
Familia
Dinastía Anawas
Consorte Teodelinda
Hijos Adaloaldo
Gundeperga
Mapa de la Italia de Agilulfo

Agilulfo fue un rey de los lombardos (590-616). Sucesor de Autario, Agilulfo, es uno de los grandes reyes de los lombardos, cuyo reino consolidó, aumento y estabilizó. En algunos textos se dice que era de origen turingio, aunque es posible que esta declaración se deba a una mala interpretación y confusión con su título de duque de Turín.[1]


Ascenso al trono[editar]

Poco se sabe con seguridad sobre la vida de Agilulfo anterior a su subida al trono. Sabemos que fue duque de Turín[2][3]​, sucediendo a Aimone, en una fecha imprecisa anterior al 589. En la Historia Langobardorum se dice que tenía parentesco por parte de madre con Autario, aunque el historiador Hartmann duda de esta relación[4]​.

El la Historia Langobardorum de Paolo Diácono se cuenta la leyenda de forma romántica de la inesperada muerte del rey Autario y de como la reina Teodelinda eligió al Duque de Turín como esposo y por lo tanto sucesor en el trono.[5]​. El hecho, sin embargo, de que los sucesos relacionados debieron de tener lugar, en todo caso, dentro de los dos meses de la muerte de su primer marido, le quita mucho del encanto a esta saga y añade algo a su improbabilidad.[6]​ Lo más probable es Agilulfo se apoderó de la corona[7]​ y se casó con Teodolinda, la nieta del rey Vacone, para dar su título real alguna pretensión de legitimidad, aunque no se pueda afirmar en ningún caso que lo hiciera con violencia[8][9]​. Agilulfo y Teodelinda se casaron en noviembre del 590, verosilmilmente la operación fue orquestada por el propio Agilulfo que en mayo del 591 obtiene la investidura oficial por parte del pueblo lombardo reunido en Mediolanum (Milán). De hecho Milán se convirtió (junto a la residencia real de Monza) en la nueva capital del reino, en el lugar de Ticinum (Pavía)[10]​.

De todos modos, la influencia ejercitada por la esposa del nuevo soberano fue de primerisimo orden, tanto que muchos historiadores atribuyen a ambos la decisiones principales de su largo reinado.[11]Teodelinda es, por tanto, la verdadera iniciadora de la dinastía bávara, hija del duque de Baviera, Garibaldo I, y de su esposa Valderada, a su vez hija de Vacone, rey lombardo de la dinastía de los letigios, dio legitimidad de linaje real a sus dos maridos, Autario y Agilulfo, y la dinastía continuará con su hijo Adaloaldo durante cinco generaciones hasta el 712 con Ariperto II[12]​.


Política interior[editar]

No todos los duques lombardos estaban de acuerdo con el nuevo rey, sobre todo aquellos que habían traicionado a Autario en el 590 para unirse a francos y bizantinos, no la aceptaron inmediatamente como rey,[9]​ por lo que Agilulfo tuvo que enfrentarse con las armas a la rebelión de algunos duques[13]​. Mimulfo, duque de Isla San Giulio[14]​, que se había unido a los francos, fue asediado en el 592, apresado, ejecutado[15][16]​ y sustituido por un familiar de Agilulfo. La misma suerte corrió Zangrolfo de Verona, que fue también ejecutado.[17]​ La rebelión más grave fue la del poderoso duque Gaidulfo de Bérgamo en el 591, que duró hasta el 594. Gaidulfo, que no acudió a la coronación y se mantuvo independiente hasta el 593 se rebeló públicamente y fue asediado por Agilulfo en Bérgamo. Capturado por el rey, fue perdonado al fingir su adhesión a la corona[18]​, huyó de Bérgamo y se rebeló de nuevo refugiándose en la Isla de la Comacina junto a otros duques rebeldes, como Ulfar de Treviso. Finalmente, Agilulfo toma la fortaleza, apresa a los duques rebeldes y los condena a muerte en el 594[19]​.

Para reforzar la posición del rey frente a los duques, se introdujo la división administrativa de los gastaldatos (gastaldías), una circuscripción administrativa gobernada por un funcionario de la corte regia, el gastaldo o castaldo, delegado del rey que operaba en el ambito civil, militar y de justicia, que servían de útil contrapeso a la tendencia independentista de los duques.[20]​ A pesar de ello los duques continuaron rebelandose, en el 600 se levantó Gaidoaldo de Trento y Gisulfo II de Friuli, Agilulfo aplastó la rebelión de 602 con ayuda de los ávaros, aunque en este caso los duques fueron perdonados.[9]

Reforzado por tantas victorias sobre los duques, en el 604 asoció al trono a su hijo Adaloaldo de apenas dos años[21]​.. Le ceremonia se desarrolló con un rito de inspiración bizantina, con la explicita intención de Agilulfo de presentarse como rey de toda Italia y no solo de los lombardos, eligió por ello la antigua metrópoli de Mediolanum (en lugar de Pavía). Con esta misma intención se mandó diseñar una corona votiva en la que se inscribió le texto latino Gratia Dei rex totius Italiae. Junto a la revindicación de la unidad entre lombardos y latinos, por primera vez en la historia de los lombardos aparece la referencia a la voluntad divina en la legitimación del rey.[22]

Bajo el reinado Agilulfo Italia se recuperó poco a poco de la destrucción de las invasiones anteriores. Monza fue ampliada con una magnífica residencia de verano, un palacio y se construyó la catedral (posteriormente llamada de San Juan Bautista)


Política exterior[editar]

Agilulfo continuó las líneas maestras de la política de su predecesor Autario, evitar la guerra en dos frentes manteniendo sus alianzas con bávaros y ávaros, contentado a los francos con treguas e incluso pagando tributos como señal de sumisión y manteniendo la presión sobre los bizantinos.

Bávaros[editar]

Agilulfo conservó la alianza con los bávaros, ya que Teodelinda era hija del duque Garibaldo I. En el 591 le sucede Tasilón I, aunque se desconoce el parentesco real con su antecesor[23]​, parece ser que era familiar cercano y por tanto también de la reina lombarda. Tasilón fue nombrado Rey de Baviera por Childeberto II de Austrasia, lo que hace pensar en cierto tipo de sumisión de los bávaros frente a los francos[24]​. Las relaciones fueron más estrechas cuando el hermano de Teodelinda, e hijo de Garibaldo, Gundoaldo, fue nombrado Duque de Asti[25]​.

Ávaros[editar]

Hacía el 593 Agilulfo estableció una tregua con los ávaros, [26][27]​ y en el 601, envió al Khan de los ávaros, Bayán I, carpinteros lombardos para construir una flota [28]​ y firmó un pacem perpetuam (paz eterna), que también incluyó un pacto de ayuda. [29]​, gracias a este los ávaros ayudaron durante la rebelión de Gisulfo II. A pesar de la tregua los ávaros invadieron de nuevo el Friuli en el 610. Gisulfo II murió en batalla y la capital Forum Julii (Cividale del Friuli) fue conquistada, las mujeres y los niños fuero secuetrados y llevados a Panonia, pero mataron a todos los hombres. Los hijos de Gisulfo: Cacón, Tasón, Radolado y Grimoaldo lograron escapar.[30]

Francos[editar]

Las relaciones con el Reino Franco de Austrasia se relajaron, Ewino, el Duque de Trento y cuñado de Teodelinda, fue enviado en embajada para concluir un tratado de paz entre ambos reinos. En la misma comitiva el obispo de Trento, Dominico, gestionó a través de la mediación de la reina Brunegilda la compra a Austrasia de la libertad de algunos prisioneros de la última guerra.[31][9]​ Posteriormente, en el 604, Agilulfo acordó una "paz perpetua" con Teoderico II del Reino Franco de Borgoña y organizó 604 el compromiso de su hijo Adaloaldo (de tan solo 2 años) con una hija del rey franco Teodeberto II de Austrasia.[32]​En el 611 Agilulfo renovó la paz con los francos, en ese momento más preocupados de luchar entre ellos.[33]

Bizantinos[editar]

La seguridad exterior en el resto de fronteras permitió a Agilulfo retomar la presión contra los bizantinos, ocupados en esos años también el la lucha contra los persas. Entre el 590 y el 603 se registró un decisivo avance de los lombardos en la península. El duque Ariulfo de Spoleto atacaba el pasillo bizantino y rompió la comunicación entre Roma y Rávena, y amenzaba las murallas romanas[34]​. Arechis I de Benevento, atacó el ducado de Nápoles, asedia la ciudad y toma Capua, Venafro, Nola y ataca el Bruzio[35]​. El papa Gregorio Magno, viendo la difícil situación busca una paz, por separado del exarca bizantino Romano, en el 592. Romano que no quiere la paz, interviene en una campaña (592-593) atacando y retomando las fortalezas del pasillo bizantino: Sutrium (Sutri), Polimartium (Bomarzo), Horta (Orte), Tuder (Todi), Ameria (Amelia ), Perusia (Perugia), Luceolis (Cantiano)[36]​. Agilulfo debe intervenir en la guerra y sale de Pavía, avanzando por la Emilia, y reconquista los ducados perdidos en tiempo de Autario: Piacentia (Piacenza), Parma, Reggium (Reggio) y Mutina (Módena), conquista Perusia (Perugia) cuyó duque lombardo, Mauricio, fue ajusticiado ya que había desertado y dejado la ciudad a los bizantinos y llegó en el 593 hasta las puertas de Roma. [37]​ El papa para evitar el saqueo de la ciudad debe reconocer a Agilulfo como Rey de Italia y Jefe de la Iglesia Cristiana Arriana y pagarle un tributo de 500 libras de oro.[38]​. No fue hasta el 598 cuándo el exarca Romano es sustituido por Calinico (más político y con tendencia a diálogo), que Gregorio Magno consiguiera un acuerdo a tres partes entre los lombardos, el exarca y el papa.[39]​. Se restablecía el pasillo bizantino, con las fortalezas e manos del exarca, mientras los lombardos conservaban el control de la Emilia, la tregua duraba un año, aunque se prolongó a un año más.[40]

En el 601 la tregua se rompió por la rebelión de algunos duques del norte, respaldados por los bizantinos. En Parma hicieron prisionero al duque Godescalco y a su esposa, hija del propio Agilulfo[41]​ y los enviaron a Rávena.[42]​ La reacción del rey fue durísima, derrotó y mandó ejecutar a los duques rebeldes, y atacó Patavium (Padua) en territorio bizantino, y la destruyó.[43]​. A continuación conquistó Ateste (Este), Aquae Patavinorum (Abano Terme) y Mons Selicis (Monselice)[44]​, mientras sus aliados ávaros y eslavos asolaban Istria.[45]​. Con la muerte del emperador Mauricio y la subida al trono bizantino de Focas, el exarca Calinico fue llamado de vuelta a Costantinopla, y enviado a Rávena Esmeragdo de nuevo. El nuevo exarca se negó a devolver a la hija y el yerno de Agilulfo, y este reanudo sus ataques, el 21 de agosto del 603, tomó Cremona y el 13 de septiembre entró en Mantua las últimas ciudades bizantinas en la Transpadana. Destruyó la fortaleza de Brexillus (Brescello) amenazando a la propia Rávena. Esmeragdo no tuvo más remedio que ceder y pedir una tregua de nueve meses y devolver los prisioneros, cuando el duque lombardo de Lucca tomó las ciudades de Baleneus Regis (Bagnarea) y Urbs Vetus (Orvieto) el exarca se vió obligado a firmar una paz definitiva y pagar 12.000 solidos por ella[46]​.

Para llegar a una paz definitiva, Agilulfo mandó a Costantinopla una embajada con su propio secretario, Establiciano, que recibió regalos del emperador Focas y confirmó los tratados hechos con el exarca.[47]​. Esta embajada es la primera que entabla una negociación directa entre el rey lombardo y el emperador bizantino, y de hecho significa el reconocimiento por parte de Bizancio, de la legitimidad lombarda como reyes de Italia. Tras la muerte de Focas, su sucesor Heraclio confirmo la paz entre lombardos y bizantinos por un año más. [48]

Política religiosa[editar]

Aunque Agilulfo era arriano, bajo la influencia de Teodelinda, que era católica, el rey inició la conversión de los lombardos al catolicismo y trabajó para la recomposición de la Iglesia del Cisma de los Tres Capítulos, en el cual estaban implicadas las diócesis de Milán y Aquileia. Al comienzo del reinado de Agilulfo, la controversia Tricapitolina se consolida en el país, y la población, desde el punto de vista religioso, estaba dividida entre católicos, tricapitolinos, arrianos y paganos. Los tricapitolinos son bien acogidos en territorio lombardo, pues podrían representar la base para una iglesia nacional lombarda, independiente de la influencia bizantina. Teodelinda, católica, apoyó a los tricapitolinos, especialmente la figura de Secondo de Non[49][50]​, monje que fue encargado de bautizar por el rito católico al heredero Adaloaldo[51]​, y que ejerció de consejero de la corte de Monza. Mientras los obispos católicos se encontraban en el exilio (Costanzo de Milán en Génova, Severo de Aquileia en Grado) el clero menor de sus diócesis era predominantemente tricapitolino, con la muerte de Costanzo en el 600, Agilulfo escribe al Papa con intención de influir en la elección del nuevo obispo. Las relaciones entre el monarca lombardo y el Papa fueron diplomáticas y fluidas a través de la reina Teodelinda[52]​, y siempre intentaron llegar a algún acuerdo a pesar de los obstáculos y negativas de los exarcas y el emperador. La muerte de Gregorio en el 604 agravó la controversia, en el 606 la sede vacante del Patriarcado de Aquileia desencadenó el cisma entre católicos ortodoxos y tricapitolinos, el exarca forzó la elección de Candidiano en Grado, pero los tricapitolinos apoyados por los lombardos eligieron a Juan I y restablecieron la antigua sede en Aquileia, de este modo y hasta el 698 el patriarcado tuvo dos sedes, una ortodoxa (Grado) y otra tricapitolina (Aquilieia).

La corrección en las relaciones entre Agilulfo y el Papa llevó a la restitución por parte del rey de los bienes eclesiásticos expropiados y significó el inicio de la integración religiosa y política del reino.[53]​ Estas buenas relaciones no son ajenas a los propios intereses políticos del papado, coincidentes con los de la monarquía lombarda. Mientras Agilulfo buscaba la legitimidad del dominio lombardo sobre Italia frente al Imperio Bizantino, el papa buscaba la primacía de la sede romana frente a los demás patriarcados cristianos bajo el control de Bizancio, y por tanto la independencia de acción política frente al Exarcado, basándose principalmente en el apoyo franco, pero también en el lombardo y visigodo[54]​.

También destaca durante el reinado de Agilulfo la llegada a Italia el monje irlandés Columbano de Luxeuil, llamado por el propio rey, entre otras cosas para mediar en el enfrentamiento entre católicos ortodoxos y tricapitolinos. Además fundó con el permiso real un monasterio en una posición sumamente estratégica que articulaba las comunicaciones entre Liguria y Lombardía en el corazón de los Apeninos.[55]​ La abadía de Bobbio, en el valle del Trebbia, era un pequeño monasterio, que adoptó la regla de San Columbano, basada en las prácticas monásticas del cristianismo irlandés[56]​.


Final del reinado[editar]

Los últimos años del reinado de Agilulfo, tras conseguir la paz con todos su vecinos fueron tranquilos exceptuando las habituales rebeliones de algunos ducados. Sin embargo destaca la sospechosa muerte de Gundoaldo, duque de Asti y hermano de la reina. En su obra el cronista franco Fredegario cuenta que siendo el duque de Asti muy amado por sus súbditos, era un posible obstáculo para le sucesión en el trono de Adaloaldo y por ello fue asesinado por orden de la facción real.[57]​ Paulus Diaconus, sin embargo refiere el mismo hecho pero sin señalar culpables. [58]

Agilulfo murió en el 616 tras 25 años de gobierno, siendo el primer rey lombardo que murió por causas causas naturales. Su sucesor, Adaloaldo, aún menor, fue tutelado por su madre Teodelinda que ejerció la regencia.[59]


  1. dux turingus de thaurinis (Hartmann, II, I, 121)
  2. Et exivit acquo dux turingus de thaurinis (Origo Gentis Langobardorum, 6)
  3. Agilulfum ducem Taurinatium (Historia Langobardorum, III, 36)
  4. Hartmann (II, I, 121)
  5. Cui statim regina ad se venire mandavit, ipsaque ei obviam ad Laumellum oppidum properavit. Qui cum ad eam venisset, ipsa sibi post aliqua verba vinum propinari fecit. Quae cum prior bibisset, residuum Agilulfo ad bibendum tribuit. Is cum reginae, accepto poculo, manum honorabiliter osculatus esset, regina cum rubore subridens, non deberi sibi manum osculari, ait, quem osculum ad os, iungere oporteret. (La reina en seguida envió en busca de él y ella se apresuró a reunirse con él en la ciudad de Laumellum. Y cuando llegó a ella, después de un una conversación. mandó traer vino y ella bebió primero y le entregó el resto a Agilulfo para beber. Y cuando tomó la copa, le besó reverentemente la mano, pero la reina dijo sonriendo con rubor, que no debe besar la mano sino en los labios. (Historia Langobardorum, III, 36)
  6. (Hartmann, II, I, 98, 99)
  7. Waitz, la historia constitucional, III, 35
  8. Hodgkin, V, 283, nota 4, 284
  9. a b c d Felix Dahn: Agilulf. In: Allgemeine Deutsche Biographie (ADB). Band 45. Duncker & Humblot, Leipzig 1900, S. 706–709.
  10. Historia Langobardorum, III 35.
  11. Felice Bonalumi, Teodelinda. Una regina per l'Europa, Torino, 2006.
  12. Hodgkin, V, 285, 286
  13. Menghin, los lombardos, p, 111
  14. La fortaleza, situada en medio del Lago de Orta (Novara), controlaba el norte del Piamonte
  15. Origo Gentis Langobardorum Capítulo 6
  16. Historia Langobardorum IV, 3
  17. Historia Langobardorum IV, 13
  18. Historia Langobardorum IV, 3
  19. Historia Langobardorum IV, 13
  20. Heiner Lück: Gastalde, in: Albrecht Cordes, Heiner Lück, Dieter Werkmüller, Ruth Schmidt-Wiegand, Handwörterbuch zur deutschen Rechtsgeschichte, 2. Aufl., Bd. 1, Erich Schmidt Verlag, Berlin 2008, Sp. 1935-1937.
  21. Historia Langobardorum IV, 30
  22. Hartmann, II, II, 152
  23. Rudolf Reiser: Tassilo I.
  24. Die Baiuwaren Wilhelm Störmer, München 2007, ISBN 978-3-406-47981-6
  25. Lexikon des Mittelalters: Band VIII Spalte 484
  26. Historia Langobardorum IV, 4
  27. Historia Langobardorum IV, 12
  28. Historia Langobardorum IV, 20
  29. Historia Langobardorum IV, 24
  30. Historia Langobardorum IV, 37
  31. Historia Langobardorum IV, 1
  32. Historia Langobardorum IV, 30
  33. Historia Langobardorum IV, 40
  34. Hartmann: Geschichte Italiens im Mittelalter Bd. II, 1, S.102f
  35. Thomas Hodgkin, Italia y sus Invasores Vol. VI, S.73ff
  36. Historia Langobardorum IV, 8
  37. Historia Langobardorum IV, 8
  38. Bibliotheca Sanctorum, Roma, 1966, V.VII, p.244
  39. Pablo el Diácono, Historia Langobardorum IV, 12
  40. Hartmann: Historia de Italia en la Edad Media, Volumen II, 1, p.115
  41. Paulus Diaconus no dice el nombre de esta hija, perece descartarse que sea Gudemperga, hija de Agilulfo y Teodelinda, que luego se casará con Ariovaldo y Rotario
  42. Historia Langobardorum IV, 20
  43. Sed tandem, iniecto igni, tota flammis vorantibus concremata est, et iussu regis Agilulfi ad solum usque destructa est. Historia Langobardorum IV, 23
  44. Historia Langobardorum IV, 25
  45. Historia Langobardorum IV, 24
  46. Historia Langobardorum IV, 32
  47. Historia Langobardorum IV, 35
  48. Historia Langobardorum IV, 40
  49. Secondo di Non. Matteo Sormani Turconi en Storia de Milano
  50. Secondo di Non fue también autor de la Historiola de Langobardorum gestis, obra en la cual tuvo sus fuentes Paulus Diaconus. De la obra, actualmente perdida, solo se conservan 12 líneas de un manuscrito encontrado en el siglo XVIII en un monasterio bávaro, que fue perdido nuevamente y reencontrado en 1952 en Stuttgart.
  51. Historia Langobardorum IV, 27
  52. Thomas Hodgkin, Italia y sus Invasores , vol 6, Clarendon Press, Oxford, 1895, pp 140-144
  53. homas Hodgkin, Italia y sus Invasores , vol 6, Clarendon Press, Oxford, 1895, pp 140-144
  54. Hartmann: Historia de Italia en la Edad Media, Tomo II, parte 1, p.164
  55. Historia Langobardorum IV, 41
  56. Alessandro Zironi Il monastero longobardo di Bobbio. Crocevia di uomini, manoscritti e culture, Spoleto 2004, pp. VI-208 - ISBN 88-7988-090-X
  57. Agone regi e Teudeline, cum ipsum iam zele tenerunt, ubi ad ventrem purgandum in faldaone sedebat sagitta saucius moritur. (Agón (Agilulfo) y Tedodelinda le tomaron odio, a causa de los celos, y por ello acabó siendo muerto por una flecha). Fredegario, Pseudo-Fredegarii scholastici Chronicarum libri IV cum continuationibus in Monumenta Germaniae Historica SS rer. Mer. II, Hannover 1888.
  58. Gunduald etiam, germanus Theodolindae reginae, qui erat dux in civitate Astensi, nemine scientem auctorem mortis ipsius, hocipso in tempore sagitta ictus interiit. (También Gundoaldo, hermano de la reina Teodelinda, que era duque de Asti, murió en aquel mismo tiempo, alcanzado por una flecha, sin que se supiese nunca quien fue su asesino). Historia Langobardorum, IV, 40
  59. Historia Langobardorum IV, 41


Nuremberg chronicles f 147v 1


Bibliografía[editar]

Fuentes[editar]

Obras Históricas[editar]

  • Azzara, Claudio. L'Italia dei barbari, Bologna, Il Mulino, 2002. ISBN 8815088121
  • Barni, Gianluigi. I longobardi in Italia, De Agostini, Turín-1987, ISBN: 8840255389
  • Barni, Gianluigi. La conquête de l'Italie par les Lombards VIe siècle les événements. Le Mémorial des Siècles Éditions Albin Michel París (1975) (ISBN 2226000712)
  • Bonalumi, Felice. Teodolinda. Una regina per l'Europa (Torino, San Paolo 2006)
  • Capo, Lidia. Paolo Diacono. Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN 8804330104
  • Dahn, Felix : Agilulfo. En: Biografía alemana general (ADB), 45a, pp 706-709. Oxford University Press, Leipzig 1900.
  • Delogu, Paolo. Longobardi e Bizantini in Storia d'Italia, Torino, Utet, 1980. ISBN 8802035105
  • Fröhlich, Hermann. Estudios sobre el trono lombardo.Parte 1, pp99-115. Tübingen 1980.
  • Gaparri, Stefano. Italia longobarda, Roma-Bari, Laterza, 2012. ISBN 9788842098508
  • Hartmann, Ludo Moritz: Geschichte Italiens im Mittelalter Bd. II Teil 1, S.63ff
  • Hodgkin, Thomas. Italy and her Invaders Vol VI, S. 567ff
  • Jarnut,Jörg. Storia dei Longobardi. Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
  • Magnani, Alberto y Godoy, Yolanda. "Teodolinda la Longobarda", Milano, Jaca Book, 1998, pp. 31-37.
  • Martindale, John R. La prosopografía del Bajo Imperio Romano . Volumen IIIb, Cambridge, 1992, pp 27-29.
  • Menghin, Wilfried. Die Langobarden, Theiss-Verlag, Stuttgart, 1985 ISBN 978-3806203646
  • Mor, Carlo Guido. San Colombano e la politica ecclesiastica di Agilulfo, Piacenza, 1933.
  • Neil, Christie. I Longobardi. Storia e archeologia di un popolo, Genova, Ecig, 1997. ISBN 8875457352
  • Possenti, Paolo. Romània e Longobardia in Le radici degli italiani, Milano, Effedieffe, 2001, Vol. II.
  • Rovagnati, Sergio. I Longobardi (Milano, Xenia 2003)


Wikisource[editar]






Mapa Italia Lombardo-Bizantina 590-636


Teodelinda




Predecesor:
Autario
Rey de los Lombardos
590-616
Sucesor:
Adaloaldo


Arioaldo[editar]

Arioaldo
Rey de los Lombardos
Rey de Italia
Reinado
625 - 636
Predecesor Adaloaldo
Sucesor Rotario
Información personal
Nombre completo Aroal, Charoald, Ariopalt, Ariwald
Nacimiento h. 600
Fallecimiento 636
Religión Arrianismo
Familia
Dinastía Caupus
Consorte Gundeperga


Ariolado (o Ariovaldo, Aroal, Charoald, Ariopalt, Ariwald) (... – 636) fue rey de los Lombardos y rey de Italia del 626 al 636. Fue Duque de Turín, arriano y marido de Gundeperga, hija de Teodelinda y Agilulfo.

Reinado[editar]

No nos han llegado informaciones sobre la vida de Arioaldo antes de su subida al trono, excepto que era Duque de Turín (dux civitatis Taurinensium)[1]​ y por ello debía ser hombre de confianza de Agilulfo, al que sucedió en el ducado y se casó con su hija. Se tiene conocimiento de un primer matrimonio aunque no se sabe el nombre de la esposa y si tuvo alguna descendencia con ella.

Mapa Italia Lombardo-Bizantina 590-636

Durante los últimos años del reinado de su predecesor Adaloaldo (su cuñado, hijo de Agilulfo y Teodelinda y hermano de Gundeperga) se puso al frente de la bando arriana que se oponía a los intentos de catolización de loa lombardos conducidos por la reina madre Teodolinda, junto a su hijo el rey.[2]​ Pero más que la motivación religiosa, la oposición podría también entenderse como política, en el sentido de que del acercamiento al catolicismo se derivaba también una pacificación con los bizantinos y por tanto una renuncia implícita a posteriores expansiones territoriales en la áreas italianas que aún controlaban el Emperador y el Papa.[3]​ La revuelta comenzó en el 624, y entre el 625 y el 626, se llegó al destronamiento de Adaloaldo,[4]​ y la coronación de Arioaldo que dio de nuevo a los arrianos el control del reino y devolvió la capital a Ticinum (Pavía) en lugar de Mediolanum.[5]​ Sin embargo el partido católico siguió actuando y de algún modo se vio envuelta la reina Gudeperga en una conjura palaciega, junto al Duque del Friuli Taso. La reina fue apartada por un tiempo de la corte de Pavía y enviada a Lomello, aunque este castigo duró poco, la reina fue devuelta a la corte poco después, e un intento de política conciliadora del rey y con la intención de restablecer equilibrio entre arrianos y catolicos. En este mismo sentido se restablecieron las relaciones amistosas con el papa Honorio y respetó la independencia de los centros religiosos, como la Abadía de Bobbio (católica) que estaba en la diócesis del obispo arriano de Dertona, que pedía la intervención real. Sin embargo Arioaldo se mantuvo al margen e indicó que las disputas debían aclararse en los sínodos y no por medio del rey.[6]

Poco más se sabe de los 10 años de tranquilo reinado de Ariolado, que mantuvo la paz con bizantinos y francos. Sólo los ávaros hicieron una incursión en el Friuli, rechaza por el duque Grasulfo II con ayuda del rey. En el 631 se acordó una alianza con el rey franco Dagoberto I y participó con él en la campaña contra los eslavos de Samo[7]

che Arioaldo era rimasto tanto colpito dalla dignità dell'abate Bertulfo dell'Abbazia di Bobbio da rinunciare, dopo l'incontro, a una rivalsa ariana verso i cattolici. Si tratta di un'interpretazione in chiave miracolistica della politica adottata dal re. Arioaldo riportò la capitale a Pavia e bloccò una invasione degli Avari in Friuli. Durante il suo regno crebbe l'influenza del vicino regno dei Franchi su quello longobardo. Il suo governo assicurò un periodo di tranquillità e consolidamento al regno, durato un decennio. Arioaldo morì nel 636.


Acerca Arioalds diez años de reinado poco sobrevive. Su autoridad sobre los duques lombardos era tan débil que la defensa contra los ávaros en la frontera nororiental se dejó a los duques de Friuli. Sólo los disturbios civiles en los ávaros prevenir graves derrotas de Langobardenreiches díscolos. [5]


Con el rey franco Dagoberto I. El completó 631 de un tratado de alianza, y se fue con él en una campaña contra el reino eslavo de Samo atrás. Los lombardos tomó muchos prisioneros, pero se debió a la campaña debido a las elevadas pérdidas franco ser cancelados. [8] 634 tendrán que Arioald el exarca Isaac dio un tercio del tributo anual a este rebelde del dux asesinato Taso de la Toscana. [9] Después de la muerte Arioalds fue 636 Rothari , el duque de Brescia, como su sucesor. [10] Según la leyenda Gundeperga, la reina viuda, que Rothari llamados a Brescia. Se le ordenó que abandone a su esposa para casarse con ella y reinar como rey. Rothari estuvo de acuerdo y fue la nobleza lombarda elegido rey. [11] Fuentes [ editar ]

Pablo el Diácono , Historia Langobardorum ed. Ludwig Bethmann y Georg Waitz , en: Monumenta Historica , SAEC Scriptores rerum et Langobardicarum Italicarum. VI-IX , Hahn, Hannover 1878 Fredegar : Chronicles IV, 49-70, Monumenta Historica : MGH SS rer Merov II, pp 145ff La literatura [ Editar ]

Wilfried Menghin : Los lombardos. Arqueología e Historia . Theiss-Verlag, Stuttgart 1985 , ISBN 978-3-8062-0364-4 . Jörg Jarnut : La historia de los lombardos , Stuttgart 1982. ISBN 3-17-007515-2 . Enlaces externos [ editar ]

Wikisource: Historia Langobardorum - Muelles y textos completos (latino) Pablo el Diácono: Historia de la Langobards (Inglés) Fredegar: Chronicles IV, Sección 49-70 Ludo Moritz Hartmann : Historia de Italia en la Edad Media, Vol. II, parte 1, Wigand, Leipzig 1900, pp 207ff, (en parte obsoleta) Thomas Hodgkin, Italia y sus Invasores Vol. VI , Oxford, 1895, pp 160ff (en parte obsoleta) Italia, Emperadores y Reyes (Inglés) Referencias [ editar ]

↑ Origo Gentis Langobardorum 6, MGH SS rer Lang I, 6f ↑ a b c Fredegar, IV, 49-51 ↑ Hartmann, la historia de Italia en la Edad Media, Volumen II, parte 1, p 208 ↑ Pablo el Diácono, Historia Langobardorum IV, 41 ↑ Enciclopedia de la Edad Media: el Volumen I, columna 951 ↑ Bruno W. Häuptli: Attala de Bobbio. En: Biográfico-bibliográfica enciclopedia iglesia (BBKL). Volumen 24, Bautz, Nordhausen, 2005, ISBN 3-88309-247-9 , M. 136-140. ↑ Hartmann, la historia de Italia en la Edad Media, Volumen II, Parte 1, pág 209 ↑ Fredegar, IV, 68 ↑ Fredegar IV, 69 ↑ Pablo el Diácono, Historia Langobardorum IV, 42 ↑ Fredegar, IV, 70


Referencias[editar]

  1. Origo Gentis Langobardorum 6
  2. Fredegar: Chronicles IV, Sección 49
  3. Hartmann, la historia de Italia en la Edad Media, Volumen II, Parte 1, pág 209
  4. Historia Langobardorum IV, 41
  5. Historia Langobardorum IV, 41
  6. Hartmann, la historia de Italia en la Edad Media, Volumen II, Parte 1, pág 209
  7. Fredegario, IV, 68

Bibliografía[editar]

Fuentes[editar]

Obras Históricas[editar]

  • Azzara, Claudio. L'Italia dei barbari, Bologna, Il Mulino, 2002. ISBN 8815088121
  • Barni, Gianluigi. I longobardi in Italia, De Agostini, Turín-1987, ISBN: 8840255389
  • Bonalumi, Felice. Teodolinda. Una regina per l'Europa (Torino, San Paolo 2006)
  • Capo, Lidia. Paolo Diacono. Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992. ISBN 8804330104
  • Delogu, Paolo. Longobardi e Bizantini in Storia d'Italia, Torino, Utet, 1980. ISBN 8802035105
  • Gaparri, Stefano. Italia longobarda, Roma-Bari, Laterza, 2012. ISBN 9788842098508
  • Hartmann, Ludo Moritz: Geschichte Italiens im Mittelalter Bd. II Teil 1, S.63ff
  • Hodgkin, Thomas. Italy and her Invaders Vol VI, S. 567ff
  • Jarnut,Jörg. Storia dei Longobardi. Torino, Einaudi, 2002. ISBN 88-464-4085-4
  • Menghin, Wilfried. Die Langobarden, Theiss-Verlag, Stuttgart, 1985 ISBN 978-3806203646
  • Neil, Christie. I Longobardi. Storia e archeologia di un popolo, Genova, Ecig, 1997. ISBN 8875457352
  • Possenti, Paolo. Romània e Longobardia in Le radici degli italiani, Milano, Effedieffe, 2001, Vol. II.
  • Rovagnati, Sergio. I Longobardi (Milano, Xenia 2003)
  • Schroth Köhler, Ch: Adalwald . En: Enciclopedia de la Edad Media . Vol 1, Sp. 106