Diferencia entre revisiones de «Paraíso, canto trigésimo tercero»

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El canto trigésimo tercero del Paraíso del poeta florentino Dante Alighieri se desarrolla en el Empíreo, la sede de todos los beatos. Ocurre durante la medianoche 14 de abril de 1300, o según otros comentadores, la de 31 de marzo de 1300.

Se trata del último canto del La Divina Comedia. Concluye tras la oración a María, realizada por san Bernardo, con la visión de Dios, de la Trinidad y de la Encarnación.

Temas y contenidos

  • Oración de san Bernardo a la Virgen - versos 1-45.
  • Visión de Dios y de la unidad del universo en Dios - versos 46-96.
  • Misterios de la Trinidad y de la encarnación - versos 97-145.

Síntesis

La oración

El canto se abre con la oración que san Bernardo dirige a María. La introduce el último verso del canto precedente «Y comenzó esta oración santa», refiriéndose tanto a un rezo como a un discurso oratorio, por el tono alto y solemne. Se la puede dividir en dos partes. La primera es un canto de alabanza (versos 1-21), la segunda la oración en sí (versos 22-39), que comienza con una serie de oxímorones y de antítesis, cioè accostamenti di parole e concetti dal significato opposto, a sottolineare come gli elementi della divinità travalichino le possibilità di comprensione dell'intelletto umano:

San Bernardo, un personaje clave en este canto.
Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,
umile ed alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo Fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
vv.1-6

"Vergine e madre, figlia del tuo Figlio, la più umile e grande fra tutte le creature, oggetto del decreto eterno di Dio, tu sei colei che nobilitasti tanto la natura umana che il suo Artefice non disdegnò di farsi propria creatura: nel tuo ventre si riaccese l'amore grazie al quale è fiorita questa rosa (la Candida Rosa donde se encuentran todos los beatos); qui in Paraíso sei per noi luminosa guida di caridad, e in tierra inesauribile fonte di esperanza. O Signora («donna», del latín domina, "padrona"), sei tanto grande e potente che chiunque voglia una grazia e non ricorra a te, desidera far volare il proprio desiderio senza ali: la tua bontà non solo soccorre chi prega, ma molte volte spontaneamente previene la richiesta; in te si concentra tutto ciò che di buono vi è nei mortali (misericordia, piedad, magnificencia e ogni virtud, introdotte dall'anáfora «in te ...»).

Ora costui, che dal più profondo dell'Infierno ha visto tutte le condizioni spirituali dopo la morte, ti supplica di ricevere dalla tua grazia la virtù necessaria a poter levare gli occhi all'ultima salvezza (a Dios); ed io, che per me stesso non arsi mai tanto di desiderio di quanto ora ardo per lui, ti porgo tutte le mie preghiere, sperando che siano sufficienti. Ti prego ancora, Regina, che puoi realizzare ciò che desideri, affinché dopo una simile visión tu conservi puri i suoi sentimenti: che la tua vigilanza vinca le passioni umane! Vedi come Beatriz, e così tanti beati, per la mia preghiera congiungono le mani!".

Los ojos amados y venerados por Dios (los de la Virgen), posandosi sull'oratore, dimostrarono quanto erano bene accette le sue preghiere devote: poi si levarono alla luce eterna, con uno sguardo che nessuna creatura può eguagliare per purezza.

San Bernardo de Claraval, autor de varias obras teológicas, fue escogido por Dante como su intermediario porque fue el más importante exponente místico del siglo XII , amén de uno de los principales promotores del culto a la Virgen. de hecho, había exaltado su función como mediadora entre Dios y la humanidad, valorizada por la experiencia de la maternidad. Tuttavia si possono riconoscere altre influenze su questa preghiera: anzitutto la struttura dell'Ave Maria, divisa in lode e richiesta di intercessione, ma anche, oltre agli scritti di san Bernardo, molta produzione letteraria mariana precedente, dal Evangelio de Lucas ai Padres de la Iglesia.

La visión

E Dante, che si avvicinava («appropinquava», con latinismo) al culmine di tutti i suoi desideri, sentiva in sé crescere il desiderio fino al culmine: san Bernardo gli accennava sorridendo di guardare in su, ma già egli aveva spontaneamente fatto ciò che voleva, mentre la sua vista si faceva sempre più limpida entrando nella contemplazione della Luce che è vera di per sé, per sua stessa essenza.

A partir de este punto comienza la visión suprema de Dios, intrecciata a dichiarazioni di impossibilità di rendere tale visione a parole o anche solo di pensarla e ricordarla, da paragoni e riflessioni di carattere più teorico e psicologico: il tema dell'ineffabilità, della limitatezza della comprensione umana e dei suoi mezzi linguistici per tali esperienze provate da Dante in Paradiso, percorre tutta la cantica, trovando qui ovviamente il suo punto d'arrivo estremo; come dice Dante:

"Da qui in poi la mia visione fu maggiore di quanto possa esprimere la parola, e la stessa memoria cede per un tale eccesso («oltraggio», letteralmente "che va oltre")". Tre immagini esprimono questo cedimento della memoria:

  • un'immagine psicologica di grande efficacia, che esprime attraverso la simile del sogno come possa rimanere impressa nella coscienza un'emozione, quando invano si tenta di richiamare alla memoria l'evento che l'ha provocata;
  • un'immagine naturalista di grande dolcezza poetica: «come la neve al sol si disigilla», che esprime come quella stessa impronta, come un'orma nella neve, si cancella al calore del sole (la neve si «disigilla», letteralmente appunto "perde l'impronta, il sigillo");
  • un richiamo dotto, letterario, de la Eneida come al solito, che esprime come il vento può far perdere anche quella minima traccia che sia sopravissuta, cioè la sentenza della Sibila che veniva scritta sulle foglie.

Su queste immagini si innesta l'invocazione a Dio, necessaria per affrontare un tema tanto complesso e difficile da trascrivere, e l'inizio della narrazione vera e propria, che non si avvia con una descrizione concreta ma con un'annotazione psicologica sullo stato d'animo del poeta. Solo dopo questa lunga preparazione viene introdotta la visione di Dio, e dell'unità dell'universo in Dio, nel quale sono racchiuse tutte le sustancia, todos los accidentes e il «lor costume», termini filosofici medievali per indicare le sostanze ciò che sussiste di per sé, gli accidenti i modi di essere variabili e contigenti, che esistono in relazione alle sostanze, e il loro rapporto, le proprietà reciproche di sostanze e accidenti. Ma per esprimere tutto ciò Dante sente ancora la memoria mancargli, e la dimenticanza di quell'unico punto è maggiore dei venticinque secoli che ci separano dalla prima nave, quando per la prima volta Neptuno meravigliato ammirò l'ombra di Argo.

de l’alto lume parvemi tre giri
di tre colori e d’una contenenza

Los Misterios

Così con un'altra suggestiva immagine e con un'ulteriore annotazione psicologica si chiude la prima parte della visione, mentre una nuova spiegazione e un'altra affermazione di ineffabilità (questa volta esemplificata con l'incapacità di parlare di un bambino ancora infante) introducono alla seconda visione — che è seconda solo per Dante, dal momento che essa gli si mostra via via che il proprio sguardo si fa più capace di intenderla, ma è sempre compresente nell'unicità della visione di Dio —, quella della Trinità, vista come tre cerchi di uguale grandezza e diverso colore, dei quali il secondo (il Figlio) riflette il primo (il Padre) e il terzo (lo Spirito Santo) spira da entrambi. Segue un'altra esclamazione di Dante: "Oh quanto è insufficiente il dire e come è inadeguato al mio pensiero! E questo stesso (mio pensiero), rispetto a quello che io vidi, e cosa tale che non basta a poter dire è poco (è ancora meno di poco)!". Nell'ulteriore esclamazione estatica del poeta: "O Luce eterna che sola in te risiedi, sola ti comprendi e da te sei compresa, e comprendendoti ti ami e arridi!" abbiamo un ribadire del concetto di Dio unico e trino, in quanto Dio in se stesso solo risiede, e in quanto comprende è il Padre, in quanto è compreso è il Figlio, mentre l'amore che spira da esso, da se stesso, è lo Spirito Santo. Questa velata spiegazione è funzionale all'ulteriore visione che ha Dante, il quale focalizzandosi su uno di quei tre cerchi, sul Figlio, vede in esso un'immagine dello stesso colore che assume forma umana: è l'Incarnazione, visione incomprensibile con facoltà umana così come lo è la quadratura del cerchio; tuttavia mentre tenta invano di capirla, viene illuminato dalla Grazia di Dio che folgorandolo gli permette di comprendere finalmente: ma quest'ultimo punto è davvero totalmente indicibile, e il poema si chiude così con l'espressione del poeta il cui desiderio di conoscenza è stato placato nell'armonia universale di Dio:

ma già volgeva il mio disìo e il velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,

l'Amor che move il sole e l'altre stelle.
vv. 143-145

Con quest'ultimo termine si chiude la cantica, la stessa parola che ha chiuso anche le altre due (Inferno: «E quindi uscimmo a riveder le stelle»; Purgatorio: «Puro e disposto a salire alle stelle»; Paradiso: «L'Amor che move il sole e l'altre stelle»), sancendo l'unitarietà della struttura del poema.

Bibliografia

  • Comentarios de La Divina Comedia:
    • Umberto Bosco y Giovanni Reggio, Le Monnier, Florencia 1988.
    • Anna Maria Chiavacci Leonardi, Zanichelli, Bolonia 1999.
    • Emilio Pasquini y Antonio Quaglio, Garzanti, Milán 1982-20042.
    • Natalino Sapegno, La Nuova Italia, Florencia 2002.
    • Vittorio Sermonti, Rizzoli 2001.
  • Andrea Gustarelli y Pietro Beltrami, Il Paradiso, Carlo Signorelli ed., Milano 1994.
  • Francesco Spera (coordinador), La divina foresta. Studi danteschi, D'Auria, Nápoles 2006.


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