Archivo:Raccolte Extraeuropee - AFR 00585 - Bracciale moneta (Manilla) (2).jpg

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Resumen

Italiano: Bracciale moneta (Manilla). Africa subsahariana occidentale   (Wikidata search (Cirrus search) Wikidata query (SPARQL)  Create new Wikidata item based on this file)
Título
Italiano: Bracciale moneta (Manilla). Africa subsahariana occidentale
Descripción
Italiano: I bracciali-moneta erano ampiamente diffusi a sud del Sahara, in particolare nell'Africa occidentale e centrale. Blandin (1988) afferma che, in Africa occidentale dalla fine degli anni '50 e soprattutto negli anni '60 del secolo scorso, i mercanti che commerciavano nel Nord della Costa d'Avorio, nel Burkina Faso (allora Alto Volta), nel Mali e nel Niger recuperarono grandi quantità di bracciali-moneta. "Interi camion di questi manufatti, acquistati nei villaggi e nelle campagne a prezzi vili, furono così avviati ad Abidijan per essere venduti a peso; la destinazione era il riutilizzo per l'artigianato locale o l'esportazione in Europa per la metallurgia" (Pezzoli 2008). Le Raccolte Extraeuropee possiedono circa 700 bracciali-moneta che costituiscono una piccola parte di un carico della metà degli anni '60 arrivato alla Metallindustria, Milano per essere fuso, ma fortunatamente salvato.

"Nelle società tradizionali africane i bracciali-moneta svolgevano normalmente un duplice scopo: come elementi di decoro corporale e come forma di tesaurizzazione, monete nuziali sovente portate in coppia dalle donne. Si trattava quindi di una delle tante espressioni di sistemi premonetali ampiamente documentati e presenti in tutta l'Africa. La provenienza dei bracciali-moneta delle Raccolte Extraeuropee è da attribuirsi a un'area saheliana e di savana per lo più corrispondente al Burkina Faso e al Niger. Lo testimoniano, oltre che le evidenze di manufatti analoghi conservati in vari musei europei, le decorazioni geometriche (righe, triangoli, cerchi, puntini e croci) affini a motivi decorativi presenti in area sahariana e subsahariana. Purtroppo il significato simbolico di tali motivi è andato perso, come del resto bene evidenziato da Gabus (1958) quando, riferendosi a casi simili, evidenziava come fosse ormai difficile recuperare la memoria di civiltà orali." (Pezzoli 2008)

Le popolazioni quali gli Zande del Sudan e del Congo, i Lega del Kivu, i Luba del Katanga, i Songye del Lomami-Kasai, i Pende del Kwilu, i Kongo occidentali hanno tutte subito l'influenza araba e da essa hanno probabilmente ereditato l'abitudine di indossare questi grossi bracciali decorati. Presso i Frafra, nel nord del Ghana, il bracciale singolo era normalmente indossato sul braccio sinistro, questo perchè normalmente le persone mangiano con la mano destra e si pensava che il bracciale potesse contenere un "veleno". Sempre presso gli Frafra i braccialetti hanno funzione decorativa e protettiva.

Gli esperti si dividono fra coloro che ritengono che questi oggetti nascessero come moneta di scambio e poi utilizzati come gioielli e monili, e coloro che l'evoluzione sia opposta, cioè che il valore che veniva dato ai gioielli abbia fatto sì che ad un certo punto il loro uso si estendesse a materiale di tesaurizzazione.

Oggi è praticamente impossibile trovare questi oggetti nei paesi d'origine. Negli anni del dopoguerra, nella stiva di una nave fuori servizio a Kiel furono trovate parecchie tonnellate di questi anelli, ciò ha permesso di comprendere che prima della guerra nella colonia tedesca del Togo questi venivano caricati nelle stive delle navi come zavorra e nel caso specifico poi dimenticati.

A seconda dell'area di utilizzo le manilla acquistano nomi e valori differenti.
Fecha antes de 1945
date QS:P571,+1945-00-00T00:00:00Z/7,P1326,+1945-00-00T00:00:00Z/9
institution QS:P195,Q3928496
Número de inventario
AFR 00585
Referencias
  • J. Gabus, Au Sahara. Arts et symboles, La Balconnière, Neuchâtel, 1958.
  • A. Blandin, Afrique de l'Ouest. Bronzes et autres alliages, Marignane, 1988.
  • L. Pezzoli, in C. Orsini, Altre culture a Milano. Quattro collezioni del Castello Sforzesco dall'Africa e dalle Americhe, Mazzotta, 2008.
Fuente/fotógrafo Raccolte Extraeuropee del Castello Sforzesco

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